domenica 1 gennaio 2012

venerdì 30 dicembre 2011

Le rivoluzioni del clik


di: Paolo Barnard
O IL CORPO E IL SACRIFICIO, O NULLA.

Ascoltate bene. Io e i miei collaboratori stiamo tentando di organizzare una disperata difesa della democrazia e della sopravvivenza economica di questo Paese. Questo non è un V-day. Non è un ciccaliccio di Internet. Non è un’isteria da caimano per titillare i salotti viola radical chic. Non ci sono divi dell’Antisistema con cui masturbarvi, qui.
Qui noi lottiamo per le famiglie dei paesi della dorsale appenninica, delle pianure industriali del nord, del meridione cronicizzato. Lottiamo per la prossima rata da pagare, per la scomparsa del credito alle aziende da 8 o 30 dipendenti, per le mamme lavoratrici senza asili nido, per le donne con 500 Euro di pensione, per i laureati che sperano in un posto a chiamata al Fini grill, o a progetto a Parmafiere, per chi non ha più il treno in Puglia, per chi non ha 28 Euro per un esame del sangue, per chi non prende lo stipendio da 3 mesi, per i datori di lavoro disperati di decine di migliaia di imprese. Noi sappiamo che non c’è più la democrazia in Italia, e che siamo carne da macello a milioni per il profitto di 2 o 3 mila investitori multimiliardari. Sappiamo che fra uno o due anni, ci sarà sangue per le strade in Italia, moriranno manifestanti e poliziotti, e politici. Non c’è mai stato un momento più grave di questo dal 1948 a oggi.
Le ribellioni alla tirannia, quando c’erano i Re e oggi sono i mercati, sono sempre costate due cose: i corpi e i mezzi. Bisogna metterci se stessi e tutti i mezzi disponibili.
Cinquant’anni di Esistenza Commerciale e Cultura della Visibilità massmediatica, e 20 anni di Internet, hanno ridotto interi popoli a una massa di amebe viziate che si fanno le seghe politiche e rivoluzionarie col ‘tutto gratis’, e col ‘ci metto un click’ e col cazzo che rischio di mio. Far fatica? Ma va là! Metterci due soldi? Non se ne parla, clicco sul mouse, è gratis. Mi devo spostare da casa? Ehhh,   ma     come     faccioooo???? Non     possssoooo!!!! Devo levare il culo dalla sedia e fare un bonifico? Bè, ma non si può fare in streaming? E se dessi 10 Euro? Può andareeee?
Sentite massa di stronzi straccioni e rivoluzionari col deretano degli altri, massa di ipocriti che meriterebbero gli sputi in faccia dei partigiani diciottenni morti di tortura solo sessan’anni fa, noi faremo questo summit e chi riterrà che il futuro dell’intero Paese meriti 40 Euro, un giorni di ferie sul lavoro, un viaggio in treno e un sacrificio economico, ci sarà. E chi ci sarà capirà quello che nessuno gli ha mai detto finora e formerà gruppi di attivisti veri, consapevoli, preparati.
Gli altri non avranno niente, nulla di questo summit sarà pubblicato su Internet, nulla in streaming, niente gratis, no video, no pappa fatta per i culi sfondi delle rivoluzioni online. Di voi non ce ne frega nulla, questo gruppo vi dice che perdervi è, non solo una fortuna, ma una necessità vitale. Fine comunicato.
P. B.

lunedì 26 dicembre 2011

E se facessimo come l'Argentina?

 "L'Argentina, a seguito dell'impugnazione del suo debito, ha istituito una particolare modalità di finanziamento del debito pubblico, con la quale emette dei titoli di debito più complessi dei tradizionali bond. Si tratta di warrant, che pagano l'interesse soltanto se la crescita del PIL misurata a fine anno (e non quella prevista) supera il 4.2%: il capitale, come per i normali titoli di Stato, è garantito al 100%, mentre non lo è la quota interessi ma questo impegno vale solo nella misura in cui lo Stato, come appunto fece la stessa Argentina, non dichiara default (cessazione dei pagamenti). In questo modo l'andamento del debito pubblico è legato alla crescita della ricchezza reale della nazione" Fonte Wikipedia

Dichiarazione Shock di Monti

"L'attuale crisi economica è utile per far accettare psicologicamente ai cittadini il passaggio di sovranità nazionale dall'Italia verso l'Europa"....non si nascondono più!

giovedì 23 dicembre 2010

Borghenzio parla di commissione trilaterale

la lega parla di commissione trilaterale...

giovedì 11 febbraio 2010

ficarra e picone

"...oggi la malattia fa passi da gigante!"

"Quella è la medicina!"

"Vabbè, diciamo che camminano di pari passo, dottore..." 


-dal film "La matassa" -

domenica 7 febbraio 2010

Riscaldamento Globale, non è colpa dell'uomo

Furio Stella - "EfferveScienza" inserto del mensile Biolcalenda, anno XX, nr. 2 - febbraio 2010, www.labiolca.it 
Piccolo esperimento: chiudete gli occhi e pensate al «Riscaldamento Globale». Che cosa vi viene in mente? Se l’immagine che si sta formando nella vostra mente è quella di enormi ciminiere che buttano in cielo nuvoloni neri densi di fumo, avete risposto giusto. Sono, quelle, le stesse immagini che vengono utilizzate quotidianamente dalla vostra tv per accompagnare i notiziari sul «Global Warming». Ora, siccome quel che leggiamo o ci viene detto passa attraverso il vaglio della nostra coscienza critica, mentre le immagini no, la morale è semplice: che ci crediate o no, che ne siate consapevoli o no, state accettando completamente l’equazione «riscaldamento globale uguale opera dell’uomo». Che è quanto esattamente l’ortodossia scientifica - quella delle Nazioni Unite, di Al Gore, dei premi Nobel, di Kyoto e del recentissimo supervertice di Copenhagen - vi sta suggerendo.
Senza che questa verità ufficiale, questo paradigma scientifico, venga minimamente messo in discussione dai fatti.

giovedì 14 gennaio 2010

Hopenhagen



Foto: Christian Charisius

venerdì 8 gennaio 2010

Barboni per arte... e per cambiare la società

Mercoledí 06.01.2010 14:20
L'Associazione "Artisti per CasaPound" e il "Gruppo Casal de' Pazzi" hanno posto 80 manichini/barboni in alcune delle più significative piazze e vie di Roma (Barberini, Margutta, Vittorio Veneto, Ripetta, Babuino, Corso, Campo de' Fiori, Trevi), accademie d'arte, teatri, musei, palazzi dell'esposizioni, per dar vita ad un nuovo fenomeno artistico. I luoghi scelti sono in relazione alla loro "importanza" artistica e sociale. La denuncia di come nell'Italia di oggi ci si riduca se si vuol vivere di sola arte o di solo lavoro. Il rimedio? Secondo gli organizzatori di questa manifestazione e protesta artistica è l'artecrazia. Così, nasce il fenomeno artistico del Barbonismo.

IL MANIFESTO:
Con questo gesto diamo ufficialità alla corrente più diffusa tra gli Artisti italiani moderni: il Barbonismo.
Come Barbonisti abbiamo deciso di agire in questo modo perché, se avessimo usato i canali ordinari, si sarebbe continuato ad ignorare questa realtà che, invece, vuole avere voce.
Facciamo presente che questo NON E' (o non vuole essere) un atto vandalico , è solo la dimostrazione della fine che faranno le menti e le idee di persone speciali se istituzioni e cittadini votanti continueranno a tenere le attenzioni su problematiche stupide e senza via d'uscita.
Sappiamo, inoltre, che qualcuno tenterà di strumentalizzare politicamente questo gesto. Teniamo quindi a sottolineare che questa azione non ha colore politico né ideologia, è esclusivamente un modo per dire quello che non avremmo modo di dire altrimenti. La collaborazione col progetto “Artisti per Casa Pound”, unica realtà che ha aiutato e sostenuto dall'inizio questo progetto senza invadere in alcun modo lo spazio creativo del gruppo, deriva da motivazioni che vanno di molto oltre le terrene abitudini di politicizzare ogni espressione artistica.

Il Barbonista, in questo modo, potrebbe:
Rivendicare il rispetto che gli Artisti hanno sempre avuto, come accade ancora nei paesi civili;
Rivendicare spazi espositivi degni e gratuiti per far conoscere a più persone le opere costate all'Artista Ingegno e Fatica;
Criticare lo sperpero del denaro pubblico per il finanziamento di film prodotti da grandi case a fronte del nulla ricevuto da Associazioni Culturali ed entità che lavorano direttamente sul territorio (milioni di euro usati per produrre film che al botteghino triplicano l’investimento e non rendono nulla alle casse dello stato; film finanziati e mai distribuiti o addirittura mai terminati);
Scandalizzarsi per il dazio che la SIAE esige dall’Artista solo per dare a questo la parvenza di tutela dei propri diritti;
Rivendicare dalle istituzioni la possibilità di vivere della propria Arte, tramite sussidi, supporti o coinvolgimento in progetti istituzionali. L’Arte e la Cultura sono la base di una civiltà progredita;
Criticare lo sperpero del denaro pubblico per la costruzione dell’ennesimo stabile stracostoso e inutile (il MAXI) dopo aver avuto la prova dell’inutilità di quello precedente (il MACRO). Un Artista romano come potrà mai avere la possibilità di esporre al MAXI se finisce per terra a chiedere l’elemosina?
Chiedere alla “gente normale” perché mostre, proiezioni, spettacoli teatrali e concerti di artisti mai visti in TV, ma dalle indubbie capacità tecnico-creative, vadano deserti mentre un concerto di piazza dove non sapete nemmeno chi vi irradierà le sue idee sia seguito da centinaia di migliaia di persone anche in condizioni estreme. Nessuno ha bisogno di far parte di una massa per sentire accettate le proprie idee: in una massa si è solo un numero senza valore;
Farsi beffe di tutti quegli “artisti” che accelerano il processo di inbarbonimento degli Artisti accettando compromessi, pagando per farsi produrre, editare, mostrare. E' a causa loro se chi ci sta riducendo barboni lo continuerà a fare. (Non si è artisti solo se si è trasandati, se si indossa una sciarpa o se ci si veste in modo eccentrico.)


Infine, potrebbe rivendicare una maggiore dignità per l'essere umano , “parassitato” da multinazionali, politica, religione, mercato immobiliare, da un sistema economico generale che un po' alla volta lo sta riducendo sia materialmente che spiritualmente così, un Barbone.

Chiacchere di fine anno.

Di Solange Manfredi
www.paolofranceschetti.blogspot.com

AL CITTADINO NON FAR SAPERE......

Ebbene sì, lo confesso, la sera del 31 dicembre ho atteso con grande curiosità, ed un fondo di speranza, il messaggio alla nazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Ero proprio curiosa di sapere cosa avrebbe detto, cosa avrebbe sottolineato tra le tante cose successe in questo 2009... Ma, sopratutto, attendevo di sentire cosa avrebbe detto circa il Trattato di Lisbona. Desideravo sentire come il Presidente della Repubblica avrebbe trattato questo argomento, ovvero quello che è stato sicuramente, a livello internazionale, l'evento più rilevante non solo di questo secolo, ma anche del precedente. I lavori per realizzare una Europa unita hanno, infatti, impegnato tra i più importanti studiosi sin dai primi decenni del '900, ora ci siamo, dal 01 dicembre 2009, con l' entrata in vigore del Trattato, il progetto si è realizzato, L'Europa Unita è nata! Rilevante no?

Certo ero rimasta sorpresa che nessun festeggiamento avesse salutato tale evento, che nessuna trasmissione televisiva avesse trattato la “conquista”, ma il Presidente della Repubblica, ero certa, almeno qualche cosa l'avrebbe detta.

E così eccomi, comodamente seduta davanti alla televisione, ad attendere il discorso. Inizia la trasmissione e manca l'audio, accidenti! Dopo poco fortunatamente arriva anche l'audio. Ascolto con attenzione, sono attentissima sino alla fine e........nulla! Sul Trattato di Lisbona nulla! Mi dico: "non è possibile, sicuramente sarà la prima cosa che ha detto quando non c'era l'audio". Quindi mi precipito al pc, e cerco in internet il discorso scritto. Lo trovo, lo leggo, lo rileggo, lo rileggo, cerco e......nulla, neanche una parola. Possibile?

Come è possibile che il Presidente Napolitano non dica neanche una parola su tale "conquista"? Siamo in Europa, parte della nostra sovranità verrà gestita da Bruxelles e nemmeno una parola? Perché?

Perché, probabilmente, trattare l'argomento, anche in maniera “parziale”, potrebbe far nascere delle curiosità nei cittadini e vuoi mai che, con questo infernale strumento che è internet, a qualcuno venga la malsana idea di digitare su un motore di ricerca “Trattato di Lisbona”? Pericoloso, meglio non farne proprio cenno, meglio tacere.

Il Presidente però ha cura, nel suo discorso, di sottolineare il suo pensiero: le riforme sono necessarie e la seconda parte della Costituzione può essere modificata.

Ed allora mi domando di cosa stia parlando. E sì perché oggi parlare di possibili modifiche della Costituzione, della sua salvaguardia dei diritti fondamentali, ha il sapore di una “leggerissima” presa in giro.

E' l'Europa che decide, noi non abbiamo più strumenti per difendere la nostra Costituzione, neanche qualora vengano modificati i diritti fondamentali. Proprio così.

Non ci credete? Facciamo degli esempi, così la situazione potrà apparire più chiara.

Poniamo che un giorno i cittadini italiani si accorgano che l'adesione al Trattato di Lisbona non è una cosa buona, la domanda è: possono adoperarsi per esercitare la loro sovranità e chiedere l'abrogazione della legge di ratifica al Trattato tramite referendum? In altri termini: possono dire no all'Europa?

NO! Perché il referendum abrogativo (secondo comma dell'art. 75 della Costituzione) non è ammissibile in caso di: “leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali".

Ok, non perdiamoci d'animo. Non abbiamo strumenti per dire no all'Europa, ma se l'Europa dovesse emanare una direttiva, non dico che ci danneggia, ma che contrasta con i valori fondamentali della nostra Costituzione, ci sarà sicuramente la possibilità di proporre un referendum abrogativo o rivolgerci alla Corte Europea, che diamine, siamo in democrazia!

NO! Infatti non esiste l'istituto del referendum abrogativo in Europa, né può chiedersi alla Corte di Giustizia la disapplicazione di una direttiva in uno Stato membro perché questa confligge con la sua Costituzione.

Va bene, restiamo in Italia, strumenti ne abbiamo, che diamine. Ad esempio, se in attuazione di una direttiva comunitaria il nostro legislatore dovesse emanare delle norme che violano palesemente la nostra Costituzione, sono norme interne, sicuramente si potrà ricorrere al custode per eccellenza della nostra Costituzione, all'organo supremo, ovvero alla Corte Costituzionale!

NO! Infatti non è ammissibile il ricorso alla Corte Costituzionale per atti normativi dell'Unione Europea o leggi che li recepiscono, ovvero norme collegate ad impegni comunitari.


Dunque, ricapitolando:

Non possiamo sottrarci all'Europa.

Se l'Europa emana una direttiva che contrasta con i diritti fondamentali della nostra Costituzione non possiamo adire la Corte di Giustizia chiedendone la disapplicazione

Se una direttiva, o le norme interne ad essa collegate, violano apertamente i principi fondamentali della nostra Costituzione non possiamo neanche fare ricorso alla Corte Costituzionale.

Detto in altri termini: se l'Europa dovesse reintrodurre la pena di morte, ampliando le previsioni purtroppo già ora esistenti, e noi italiani dovessimo dire no a questa previsione, magari con un referendum con una adesione del 100% dei cittadini, questo non servirebbe a nulla. La pena di morte verrebbe reintrodotta e noi non avremmo alcuno strumento per fermare questo abominio, non la possibilità di dire no all'Europa, non la possibilità di chiedere alla Corte di Giustizia che la norma non venga applicata, non la possibilità del ricorso alla Corte costituzionale. Nulla!

Visto che questa è la situazione, che senso ha parlare ancora di possibile modifica della Costituzione?

Nessuna, la nostra Costituzione può essere modificata da Bruxelles (e presto sarà modificata e, temo, in peggio) anche nei diritti fondamentali e noi cittadini non possiamo farci assolutamente nulla.

Forse era questo che il Presidente Napolitano doveva dire ai cittadini, forse è per questo che il Presidente Napolitano non ha neanche accennato al Trattato di Lisbona.

Coerenza o non coerenza?

di PAOLO BARNARD
www.paolobarnard.info

Il paradigma di Striscia, Costanzo, Le Iene, Mandela. La via della rovina e i vostri dubbi.

C’è un dubbio fondamentale che perseguita le menti di tanti lettori intelligenti e coscienziosi, non scherzo, non c’è ironia. Essi sanno bene che, a dir la verità, diversi fra i nomi che costellano la loro progressione civica e intellettuale sono non proprio immacolati, eppure servono. Travaglio pecca di arroganza, è un filosionista quindi paladino di una giustizia part time, si dimostra omertoso coi suoi compagni di merende, non parla mai del vero Potere, il suo giornale meno che meno, ci annebbia la vista ipertrofizzando Berlusconi. Ma è innegabile che senza di lui... migliaia di cittadini, soprattutto i giovanissimi, non avrebbero mai avuto le conoscenze per combattere l’odierna Casta, poiché Travaglio è a tutti gli effetti un cronista che morde duro alle calcagna del clan di Arcore. I lettori sanno che Milena Gabanelli… oddio, avete letto Dagospia l’altro giorno? Che brutto l’inciucio della signora di Report con Prodi, la Sogin e Massimo Romano; se è tutto vero c’è da preoccuparsi tanto. E poi che fastidio la vicenda con Barnard e Censura Legale, una bruttissima macchia per lei. E le puntate pro Tav e quella sul debito pubblico? Ohi, ohi… Così come la culla craxiana da cui la paladina proviene, non proprio un pedigree da paladina, appunto. Ma se togli Report cosa rimane in Italia? Senza le puntate di Milena, è innegabile, c’è il buio, la morte civile in Tv. I lettori sanno altresì che Antonio Di Pietro ha firmato lo scandaloso Trattato di Lisbona, che maneggia i denari di partito con una certa disinvoltura, che quel suo figlio lo ha a dir poco allevato male e protetto troppo, che sguazza nel fango inquietante della Casaleggio Associati, con tutte quelle connessioni in Telecoms e banche d’investimento (leggi la Mafia maggiore), e che l’ex magistrato puzzicchia un poco (tanto) di giustizialista di destra. Eppure Tonino fa battaglie che non si possono non condividere, e di nuovo va detto che se togli lui, alle urne che si fa? Grillo, mamma mia, neppure inizio, già sapete, i miliardi, il merchandising alla Vanna Marchi, le sparate nel mucchio, la censura sul suo blog, la “gestione fascistoide delle sue liste”, la Cultura della Visibilità replicata… Ma anche Beppe rappresenta in Italia una sponda fortissima che ha fermato il naufragio dei Movimenti dopo il 1999 e dopo il flop di Nanni Moretti, l’unica così potente a dir la verità. Facebook, in ultimo, si sa che è uno strumento di obnubilazione di massa, che ha strappato ai cittadini la più immensa banca di dati personali nella Storia (se la ridono alla CIA, Microsoft, Telecoms, e ITCompanies, o i tipi alla Bearing Point, Murdoch, Pio Pompa ecc.) e che sta esasperando il rovinoso attivismo di tastiera. Tutto vero, però è Facebook e non altri che permette oggi a tantissimi membri della famosa ‘massa’, e di nuovo ai ragazzini/ragazzine, di essere raggiunti dalle parole dei sopraccitati, dei dissidenti, dalle notizie censurate, e anche dalle tue di parole caro Barnard, cosa che non sarebbe mai accaduta senza. Allora, sono da tenere o da buttare tutti costoro?

Qui sta il dilemma di tanti. Esso alberga in quell’angolo recondito dell’anima dove ha luogo un fastidioso tiro alla fune fra la coscienza (“non sono puliti, non fidarti”) e il realismo (“sarà anche, ma sono utili però”). La coscienza reclama l’integrità morale sopra ogni cosa, il realismo la considera, al contrario, una pericolosa devianza fanatica che finisce per cancellare dalla società anche quel poco di buono che c’è. E Barnard ne incarna il peggio, alcuni dicono, fosse per lui avremmo un mondo senza Marco, Milena, Tonino, Beppe e neppure Facebook. Bella roba.

Voglio rispondere a quel dilemma, una volta per tutte, è terribilmente importante. E vi dico subito che la vittoria nel tiro alla fune delle forze del realismo è una catastrofe, le cui propaggini precedono nel tempo il fenomeno dei ‘paladini’ dell’Antisistema e le cui conseguenze pagherete terribilmente care. Per capire cosa sto dicendo considerate Striscia la Notizia, il Costanzo Show, le Iene. Questi fenomeni di comunicazione di massa ricalcano perfettamente gli ingredienti dei sopraccitati fenomeni di comunicazione alternativa. Vi si trova infatti un abile mix di negativo e positivo, talmente abile che il medesimo dilemma assale altri cittadini: sì, sono buffonate, è tutto per far soldi, Costanzo è un padrino piduista, tritano tette culi e gossip caciarone… ma... Ma a dire il vero Striscia e le Iene denunciano una valanga di porcherie a milioni di cittadini (a delle audience mille volte la nostra) che altrimenti non le saprebbero mai, e i politici rispondono in fretta; a dire il vero hanno il coraggio (e i soldi) di sputtanare un sacco di malfattori su segnalazioni di persone comuni, cosa che il Corriere o il TG1 e neppure il Fatto farebbero mai, ed è questo lo stare dalla parte della ‘gente’; a dire il vero l’Italia è costellata oggi da migliaia di famiglie che devono la loro salvezza o perlomeno un aiuto vitale a Greggio, Lucci, o a Costanzo. E non fu quest’ultimo che portò in televisione per primo la lotta contro la discriminazione dei sieropositivi? Non ha proprio lui contribuito all’accettabilità dei disabili, degli emarginati, degli ammalati portandola per decenni nei salotti dell’Italietta discriminatoria e razzista? Ed ecco che milioni di italiani degni risolvono quel loro tiro alla fune col medesimo realismo che nell’Alternativa assolve Travaglio, Grillo e Facebook: ok, hanno mille difetti, ma alla fine fanno una montagna di cose giuste, punto.

Lo so che siete già schizzati in avanti con la risposta, ma vi blocco. Attenti. Vi è facile scartare queste ultime conclusioni seppellendole con una montagna di critiche all’abiezione del sistema massmediatico Mediaset, dopotutto lo amministra “il diavolo”, dico bene Tonino? Ma chiedo: se riuscite per un attimo a rimanere osservatori esterni, distaccati, potete forse evitare di vedere che il paradigma dell’assoluzione di Striscia, Iene e Costanzo è identico a quello che invece così generosamente applicate a Grillo, Gabanelli e Co.? Non è forse vero che in entrambi i casi entra in funzione una bilancia sui cui piatti è stato messo il male e il bene, e che si è fatta pendere dalla parte del bene nel nome di un interesse collettivo superiore? Lo fate voi coi paladini e con Facebook, ma lo fanno milioni di altri esseri umani degni con Ricci, Blasi e Costanzo. Forse che il vostro interesse è di natura superiore al loro?

Eppure la cosa è, e vi è, ovvia: voi stessi argomentereste subito, in un dibattito con i fans dei paladini di Striscia e Co., che il danno complessivo e a lungo termine che il Sistema massmediatico berlusconiano fa alla società è immensamente superiore ai vantaggi a breve termine delle loro battaglie civiche e di denuncia. Gli direste che, parafrasando il Vangelo, “non puoi servire due padroni”, o stai dalla parte della morale civica sempre oppure non vali nulla; non puoi da una parte rimestare Vippismo e culi e dall’altra predicare virtù; il mix che ne esce è mefitico, la gente ne viene inquinata, anzi, peggio, in essa si innesta una dissociazione percettiva fatale, quella che avvalla il fatto che se con una mano fai il bene con l’altra puoi anche lordare il tuo mondo, te lo si perdona.

Bene, ogni singola parola scritta sopra io ve la rigiro sui vostri paladini e su Facebook. Chi come loro è morale part time; chi è mosso da compassione da questa parte ma spietato da quell’altra; chi sfodera la spada con quei potenti ma fa lo stuoino con questi altri; chi si batte per i diritti di qua ma affossa quelli di là; chi grida alla censura contro i suoi compagni ma si zittisce su quella contro i suoi avversari; chi grida i fatti di questo potere ma tace su quelli dell’altro Potere; o chi regala libertà di sapere a milioni mentre incatena i medesimi milioni dietro le spalle, produce nel lungo termine un danno alla fibra etica della collettività che è immensamente superiore a qualsiasi beneficio nel breve termine. Perché, sia chiaro e scolpito nella memoria: dal principio morale esteso a 360 gradi non ci si dissocia mai se si vuole veramente cambiare la Storia, a costo di soccombere per anni, secoli. Perché solo una cosa, e una cosa sola, può alterare la corruttibilità della nostra epoca: persone che sappiano aderire a quel principio morale a qualsiasi costo, sempre, e non part time. Accontentarsi di paladini dalla rettitudine a singhiozzo è il destino che ha in serbo per noi il Potere; se il popolo degli attivisti fa tanto di adagiarsi sul vecchio detto che "piuttosto che niente è meglio piuttosto", ovvero "piuttosto che Berlusconi e Vespa sono meglio Travaglio che ride in faccia ai morti della Palestina, Grillo che confabula con Casaleggio, Gabanelli che censura i suoi spettatori critici" il gioco è fatto, siamo fregati, perché il fondo di quel "piuttosto" non c'è, è mutabile, è comprabile, e certamente un sistema bastato su tali mollezze non ha la fibra per confrontarsi in alcun modo col Potere.

Non so pensare a un esempio migliore per illustrare ciò della parabola di Nelson Rolihlahla Mandela, che è qui terribilmente illuminante. Quell’uomo fu una luce per l’Africa e per l’umanità intera finché mantenne una fanatica adesione al principio morale a 360 gradi. Divenne poi un deplorevole zimbello nell’istante in cui si perdonò, e gli fu perdonato, di essere una luce part time, perché, si disse, “va bè, intanto è utile però”. Nel 1994, quando ero in Sudafrica come corrispondente, parlai a lungo con Kader Asmal, membro del Comitato Esecutivo Nazionale dell’ANC di Mandela, e rimasi affascinato dal racconto che egli mi fece dei tanti e crudeli tentativi del regime di spegnere la luce di Nelson. Nei suoi 27 anni passati a spaccare pietre fra Robben Island e altre carceri, con le cornee bruciate dalle polveri dei sali, con le angoscianti notizie sulla sorte di sua moglie e sulle torture e i massacri dei suoi compagni, Mandela fu costantemente sottoposto a offerte di libertà su condizioni: firma questo, rinuncia a quello, impegnati a non dire più quest’altro, compromettiti anche solo un poco, media sulla tua fanatica adesione ai principi… e avrai la libertà, e salverai i tuoi compagni dalle sevizie, e tornerai nelle braccia di quella povera donna là fuori. Immaginate, se potete, cosa significhi dover scegliere in quelle condizioni, consapevole che la probabile alternativa era la morte in cella e il buio per milioni di neri. Ma Nelson Rolihlahla Mandela disse sempre no. Al principio morale non si deroga mai, neppure in una microscopica percentuale. Non si possono “servire due padroni”. Nelson sapeva allora che la convivenza della rettitudine con l’occasionale cedimento al vizio, e cioè quello che gli veniva proposto, avrebbe certamente portato grandi benefici nel breve termine a tutta la sua gente, ma danni indicibilmente superiori nel lungo termine. Poi fu liberato, e cadde nelle mani del Fondo Monetario Internazionale e dei ‘pedagogisti’ politici del Washington Consensus: cambiò, tanto, forse era, a quel punto, veramente sfibrato. Di fatto fu il tracollo, la storia politica ed economica del Sudafrica del Presidente Mandela è stata deplorevole, vergognosa, ma non è questo il luogo in cui trattarla. La rovina di quell’immenso eroe civico e di tutto il suo popolo fu proprio l’accettazione da parte di se stesso e da parte dei suoi sostenitori, negli anni della sua ascesa al potere, del paradigma che ho spiegato sopra, precisamente quello: “va bè, non è immacolato, ma senza di lui sarebbe peggio”. La Storia non si fa coi se, ma sono profondamente convinto che se la sua gente gli avesse gridato in massa di rimanere cocciutamente fedele ai principi morali a 360 gradi della sua prigionia, e se anche nel nome di ciò Nelson Mandela non fosse mai stato presidente, il futuro del Sudafrica non sarebbe l’incubo odierno di 10 milioni di persone senza acqua né elettricità, di violenza inaudita nero su nero, e di soffocamento a tempo indeterminato nelle morse di un regime ben peggiore dell’Apartheid, quello Neoliberale.

Che la vittoria nel tiro alla fune del realismo ("hanno falle, ma dopotutto sono utili") contro la coscienza ("utile è solo il principio morale senza deroghe") abbia sempre portato (come porterà nel caso dei vostri paladini e dei social networks) a danni immani nel lungo termine, è dimostrato da molte altre istanze, che esse siano la deplorevole discesa nel compromesso dei sindacati occidentali da 30 anni a questa parte nel nome del realismo economico, o del movimento dei neri americani dopo la morte di Luther King nel nome dell'accesso all'American Dream, oppure la diluizione del principio della sacralità dei beni comuni come l’acqua, la salute e l’istruzione nel nome dell'efficienza. In ciascuno di questi casi una folta schiera di pensatori realisti aveva sostenuto, gridato, che pretendere l'integrità morale a 360 gradi da sindacati, leader di minoranze, o gestori del bene pubblico, cioè dirgli "o così oppure tanto vale senza", era "una pericolosa devianza fanatica che finisce per cancellare dalla società anche quel poco di buono che c’è". Nulla di più errato, e infatti nel lungo termine siano giunti all'epoca della svendita del diritto al lavoro, alla permanenza della schiavitù da salario, al razzismo non più per colore ma per accesso ai consumi, e all'idea aberrante che la vita stessa si possa privatizzare.

E dunque, quando io sostengo che nell’interesse della fibra etica della nostra collettività nel lungo termine sarebbe sicuramente meglio che sparisse Report se Report deve essere Milena Gabanelli, o il Fatto se il Fatto deve essere Marco Travaglio, o i blog/social networks se devono essere Grillo e Facebook, non bestemmio affatto. Per salvare l’Italia sarebbe augurabile che esistesse un nugolo di anonimi cittadini coi piedi fermamente puntati sull’idea che il principio morale deve essere mantenuto a 360 gradi, sempre, a qualsiasi costo, in ogni azione e verso chiunque, piuttosto che bearci di una folla immane guidata dai paladini part time che voi perdonate.

domenica 3 gennaio 2010

Il mondo oggi si divide in due: i Fiduciosi e gli Sfiduciati. E chi si definisce “complottista” danneggia anche te – digli di smettere!

DI ROBERTO QUAGLIA
Roberto.info

(qualcuno non la capisce e insiste a darti del complottista? mandalo a questo paese! – cioè sulla pagina di questo articolo)
Da qualche anno mi capita di venire sistematicamente molestato da chi, soffrendo evidentemente di allucinazioni, mi da (più o meno esplicitamente) del complottista.

Chiariamolo una volta per tutte: nonostante questo vocabolo apparentemente esista, esso non ha legami significativi con la nostra realtà. Dico “apparentemente esista”, poiché sul dizionario Zingarelli questa parola non c’è. E neppure sul Gabrielli. Il correttore ortografico del mio programma di scrittura me lo sottolinea in rosso – anche per lui la parola non esiste. Per migliaia di anni non è mai esistito un complottista – tanto è vero che mancava la parola. Poi c’è stato l’11 settembre e – come ci viene ripetuto in tutte le salse – da quel giorno nulla è come prima. Anche linguisticamente.
Quindi adesso la parola “complottista” esiste, neologismo del 21esimo secolo. E nella mente di chi la usa significa “chi vede complotti ovunque”. Insomma, per certi versi un paranoico, anzi, meglio, un paranoico da operetta, un figuro visionario da deridere così da potersi gongolare in un tronfio senso di goffa superiorità.



In effetti una parola già c’era, a rappresentare questo significato, ed è “complottardo”. Il fatto che nessuno la conosca la dice lunga sull’influenza storica dei complottardi nei nostri confronti. Inoltre, l’accezione principale di complottardo è “chi ordisce complotti, congiure, intrighi”, insomma, c’è sempre stata una certa confusione sul tema.

Il problema vero è alla radice. E’ il vocabolo “complotto” che mal si addice alle discussioni sull’11 settembre, sull’origine antropogenica dei nuovi virus che riempiono i telegiornali, sulla veridicità o meno dello sbarco sulla luna e sui molti altri fatti sui quali cresce il livello di controversia.

Cito dal dizionario Gabrielli:

“Complotto: Congiura, cospirazione, trama, maneggio, macchinazione, intrigo, intesa segreta per fini non buoni. Un complotto contro lo stato, un complotto di ammutinamento | Anche in senso non grave. Un complotto tra studenti per beffare un compagno.”

Il senso che emerge è quello di un intrigo fra pochi individui – cioè qualcosa lontano anni luce dalle complesse strategie delle grandi nazioni e dei cosiddetti poteri forti. Una nazione pianifica e agisce, non complotta. Il complotto si fa dal basso verso l’alto delle gerarchie, non dall’alto verso il basso. L’altro elemento che c’entra come i cavoli a merenda è il giudizio negativo implicito nella parola complotto. I complotti sono intrinsecamente malvagi. Mi rendo conto che molti non riescono a pensare se non in termini di Bene e di Male, ma quando si esaminano i moventi delle azioni delle grandi nazioni e/o dei grandi poteri le categorie del Bene e del Male c’entrano ben poco – per non dire nulla. A quel livello le cose vengono fatte in quanto necessarie o opportune, e comunque possibili. A quel livello il Bene e il Male sono solo ottimi e collaudati strumenti di marketing ad uso e consumo del grande pubblico, aventi però scarsissima relazione con la realtà delle motivazioni. L’individuo che ruba una mela può finire in carcere, ma la grande nazione che attacca militarmente una piccola nazione violando leggi internazionali che essa stessa ha contribuito a scrivere non viene punita, anzi, il suo leader viene eventualmente insignito del premio Nobel per la Pace, al discorso di accettazione del quale potrà esibirsi in un’elegante apologia della guerra, riscotendo meritati applausi. Il Bene e il Male qui si confondono in modo surreale proprio perché al di là delle convenzioni sociali utili alla convivenza civile delle persone, in realtà non esistono. Ma le convenzioni sociali, utili alla convivenza fra individui, mal si applicano alle grandi forze che fanno la storia.

Gli Stati Uniti bombarderanno l’Afghanistan finché vorranno e potranno, e questa è semplicemente storia del mondo – non è un complotto, né è la conseguenza di un complotto.

Perché l’11 settembre, che viene invocato a pretesto della guerra in Afghanistan, non è stato un “complotto”. E’ stata un’operazione militare di notevole complessità inquadrata in una strategia più vasta e lungimirante che l’emergere di milioni di “complottisti” non ha minimamente scalfito. E giudicarlo in termini di “Bene” e di “Male” (come tipicamente si fa con i complotti) è utile a farci eventualmente sentire buoni e pii e degni di improbabili ricompense celesti, ma ha un scarso (per non dire nullo) impatto sulla realtà degli eventi. Gli americani non fanno la guerra in Afghanistan perché sono cattivi. Lo fanno perché possono e ritengono che ad essi convenga. Può darsi che si sbaglino (Hitler e Mussolini a loro tempo sbagliarono i calcoli, ed indubbiamente la guerra non portò loro i risultati sperati), può darsi di no, solo il futuro ce lo dirà.

Dobbiamo chiarire tutto ciò per liberarci una volta per tutte del mito dei “complotti”, alla base degli orribili e fuorvianti neologismi “complottismo” e “complottista”.

Al livello delle azioni delle grandi nazioni e dei grandi poteri, non ci sono complotti. Ci sono invece elaborate strategie, e complesse e sofisticate operazioni militari e di psyop – operazioni di guerra psicologica.

Il segretissimo Progetto Manhattan, con il quale gli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale svilupparono e costruirono la prima bomba atomica, non era un complotto.

Gli attentati terroristici false flag (=compiuti sotto mentite spoglie, per incolpare un nemico e giustificare la propria “reazione”) così di moda oggi, l’ipotesi che i nuovi virus influenzali siano creati in laboratorio, il controllo ormai pressoché totale dei grandi media non hanno nulla a che fare con il concetto di “complotto”. Quando i nazisti e i fascisti controllavano completamente la stampa di Germania e Italia, questo non era il frutto di “un complotto”. Essi la controllavano, e basta! Quindi togliamoci questa parola dalla testa! E’ stata ficcata ad arte nelle nostre teste per confonderci le idee, mandiamola una volta per tutte a quel paese!

Paradossalmente, il più clamoroso complotto degno di tal nome è proprio quello teorizzato nella versione ufficiale del governo statunitense sugli eventi dell’11 settembre. Ditemi se non è questo un complotto esemplare: Un piccolo gruppo di individui molto malvagi (i 19 dirottatori), istruiti dentro a una caverna afgana dal capo di turno della Spectre… ehm, volevo dire di Al Qaeda (scusate il lapsus, ero abituato al fatto che ad avere le basi segrete nelle grotte di paesi esotici fossero solo i nemici di James Bond, utili soprattutto ad esplodere con gran spreco di fuochi d’artificio per fare capire allo spettatore che il film sta finendo), complotta per attaccare di sorpresa il paese più potente del mondo, l’11 settembre 2001, allo scopo di dargli una sonora lezione. Ecco, questo sì che si può chiamare complotto, secondo la definizione che della parola ne danno i dizionari della lingua italiana. Volendo quindi a tutti i costi usare l’orribile parola complottista, dovremmo concludere che gli unici complottisti in giro sono in realtà i sostenitori della versione ufficiale del governo americano sui fatti dell’11 settembre. Ricordiamo che complottista sarebbe “chi vede complotti ovunque”, e mi sembra che l’incessante reiterazione per anni ed anni di allarmi su “cellule dormienti di Al Qaeda” che sarebbero pronte ad entrare in azione ed attaccarci anche se poi questo non succede quasi mai (e quando invece avviene una minima analisi porta subito a sospettare il solito false flag), risponda al requisito “vedere complotti ovunque.” Anche perquisire a fondo per anni ed anni tutti i viaggiatori che negli aeroporti prendono innocentemente un aereo per le vacanze senza mai incappare in uno – dico uno – che stesse cercando di salire su un aereo per dirottarlo, mi pare che sia un ottimo sintomo del “vedere complotti ovunque.” Se in tutti questi anni milioni e milioni di sistematiche perquisizioni in tutti gli aeroporti non hanno trovato e bloccato un singolo terrorista che intendesse far casino sull’aeroplano, quando nel contempo e stato dimostrato che con un minimo di ingegno si riesce ugualmente a contrabbandare armi di ceramica a bordo (un giornalista di Repubblica lo ha fatto), una persona normale dotata di logica giungerebbe alla ovvia conclusione che semplicemente non esiste nessuno al mondo che in realtà voglia fare casino sugli aeroplani. Solo qualcuno che insiste a “vedere complotti ovunque” continuerebbe a perquisire ulteriori milioni di passeggeri, molestandoli con gli insensati sequestri di dentifrici, profumi e creme per la pelle con i quali si vaneggia che si potrebbero confezionare bombe nel cesso dell’aeroplano. Se qualche “complottista” esiste, è indiscutibilmente quindi proprio chi proietta su altri questa etichetta del cazzo. [Nota: Appena scritto questo articolo, è salito alla ribalta della cronaca l’idiota imbarcatosi su un aereo diretto negli Stati Uniti con un pacco di esplosivo malfunzionante nascosto tra i genitali. Chi si lascia impressionare da messe in scena del genere, ovviamente finalizzate a bombardare lo Yemen, si vada a sentire o a leggere l’opinione di Webster Tarpley a riguardo.]

Non mi dilungo ulteriormente sul tema anche perché c’è già in rete chi lo ha fatto con sufficiente eleganza e ricchezza di argomentazioni, e gli interessati possono approfondire cliccando qui e poi qui (ma anche qui non guasta).

Rottamato finalmente l’orribile vocabolo “complottista”, cosa rimane?

Rimane una grande, grandissima divisione fra le persone che formano la società occidentale. Un tempo, le divisioni in seno alla civiltà occidentale si chiamavano “lotta di classe”, e la divisione veniva rappresentata con una metafora spaziale, la divisione del quadro politico in destra e sinistra. Questo mondo non esiste più, anche se molti ancora lo allucinano. In tutto il mondo occidentale non c’è più una destra o una sinistra politica, al di là di una simulazione teatrale peraltro sempre meno credibile, ed una oggettiva differenza antropologica fra chi “si sente” di destra e chi di sinistra. No. L’enorme divisione che si sta formando in seno alla società occidentale è tra coloro che hanno smesso di credere più o meno ciecamente alle informazioni smerciate sul circuito ortodosso dei media, e coloro che invece continuano a crederci. E’ un scisma importante, poiché conduce a due mondi mentali straordinariamente diversi, distanti anni luce uno dall’altro. Quindi è un fenomeno profondamente ideologico. E nessuno lo ha ancora riconosciuto e descritto come tale. Sulla piazza intellettuale si ripete giustamente che le ideologie sono morte. Quelle vecchie. Di quelle nuove non se ne accorge nessuno. Tutti tacciono di questo nuovo, recente, profondo e irrevocabile scisma nel criterio con cui le persone formano i propri modelli di realtà.

Potremmo per il momento chiamare queste due fazioni “i Fiduciosi” e “gli Sfiduciati”.

Fino a pochi anni fa eravamo quasi tutti più o meno Fiduciosi che ciò che il telegiornale ed i giornali ci raccontavano in buona sostanza non si discostasse troppo dalla realtà. Eravamo consci che le notizie potessero essere in parte manipolate o censurate, ma c’era una certa fede nel fatto che il grosso delle informazioni che ci raggiungevano avesse una “massa critica” di realtà, e che quindi, tra le inevitabili bugie, ci comunicasse qualcosa di utile e importante sui fatti del mondo.

Questo sistema è letteralmente andato a pezzi nei primi dieci anni di Internet, e proprio a causa di Internet stesso.

Sebbene il rumore di fondo su Internet sia cresciuto sino a livelli tali da rendere problematico trovare ciò che effettivamente ci possa interessare, la Rete ha nondimeno permesso a tutti gli individui che scovano nel rumore del Villaggio Globale una notizia misconosciuta, ma importante, oppure giungano a ragionamenti brillanti su temi critici, di condividerli con chiunque nel mondo sia ad essi interessato. Storicamente, le epoche “magiche” della cultura umana in cui l’intelletto umano è sbocciato in infiorescenze di genio indimenticabili – la cultura greca, quella latina, il Rinascimento, l’Illuminismo ecc. – non sono state il frutto dell’azione di singoli individui brillanti, bensì il risultato di un fenomeno di risonanza creativa, in cui il genio e la creatività di uno catalizzava il genio e la creatività di un altro, e così via in un mirabile processo di retroazione positivo che amplificava il progresso intellettuale di tutti. Necessario era tuttavia che i soggetti implicati nel processo condividessero uno spazio fisico non troppo esteso, altrimenti come avrebbero potuto incontrarsi e proficuamente interagire?

Internet oggi ha esteso le possibilità di questo processo di risonanza creativa, superando il problema delle distanze fisiche fra i soggetti coinvolti, che pur trovandosi fisicamente agli antipodi uno rispetto all’altro possono ugualmente condividere una sorta di stesso spazio mentale, rendendo possibile l’emergere di vere e proprie tribù delocalizzate, che si scambiano regolarmente informazioni e sviluppano modelli di realtà condivisi.

E’ questo processo di risonanza creativa verificatosi su Internet che ha generato una nuova corrente scismatica di esseri umani: gli Sfiduciati.

Mentre i Fiduciosi continuano imperterriti a brucare innocentemente l’essenza del loro sapere del mondo dall’affezionato tubo catodico ed eventualmente dalle testate giornalistiche che da decenni tengono loro compagnia tutte le mattine a colazione, gli Sfiduciati sentono di essere stati sbattuti fuori a calci nel culo dall’Eden dell’informazione mainstream delle verità rivelate, alle quali non riescono più a credere.

Per il Fiducioso la vita rimane piuttosto semplice: il processo di comprensione e di filtraggio delle informazioni su quanto succeda nel mondo è ancora delegato ai propri telegiornali e giornali preferiti, il che libera l’animo dalla fatica, la perdita di tempo e lo stress di discernere le informazioni significative dalle bufale e dalle notizie irrilevanti.

Per lo Sfiduciato invece le cose si complicano. Sebbene Internet contenga oggi informazioni infinitamente più significative rispetto ai vecchi media, la Rete non contiene soltanto queste. Oltre che informazioni importanti ed analisi illuminanti, in Rete si trova anche una immensa quantità di immani cazzate. A volte, le informazioni utili sono addirittura mescolate alle cazzate, e ci vuole una certa abilità per riuscire ad estrarle dal contesto fuorviante per farne un utile uso.

Poiché il cervello umano ha una forte tendenza alle generalizzazioni, molte persone passate alla categoria degli Sfiduciati diventano semplicemente dei Fiduciosi indiscriminati di tutto ciò che di strambo trovano su Internet. Questo spiega perché molti Sfiduciati, dopo aver smesso di credere ai media tradizionali finiscano poi tristemente per prendere per oro colato i furbi vaneggiamenti di gente come David Icke (secondo il quale siano tutti governati da ibridi alieni rettiliani che hanno mescolato il loro DNA a quello dei potenti della Terra più di 1000 anni fa). In effetti, i personaggi alla Icke non sono affatto casuali, esistono proprio per attrarre i novelli Sfiduciati e trasformarli in una nuova categoria di inoffensivi Fiduciosi. Il vecchio sistema si difende anche così. Icke è soltanto un esempio eclatante, ma la lista dei falsi profeti è lunga assai. Ogni Sfiduciato che si rispetti dovrebbe stilare la propria lista nera di falsi profeti le cui rivelazioni non vanno prese troppo sul serio. (Assieme alle panzane, i falsi profeti mescolano anche informazioni vere, altrimenti chi mai si lascerebbe sedurre da loro?) Non è un caso che gli Sfiduciati opportunamente convertiti in Nuovi Fiduciosi Del Falso Profeta Di Turno siano spesso orgogliosi di riconoscersi in quell’etichetta di “complottista” che persone con maggior senno riconoscono come nettamente insultante. Cornuti e mazziati e contenti, insomma.

Senza arrivare a questi estremi, è tipica in ognuno che abbia perso ogni fiducia nell’informazione mainstream una fase in cui si tenda a credere il contrario di ciò che l’autorità traditrice comunica. Credere il contrario non è la stessa cosa che non credere più, e può condurre a svarioni anche notevoli. Un caso emblematico lo vediamo in occasione del fatto di cronaca dello psicolabile che ha lanciato un Duomo di pietra contro il volto di Berlusconi. Su Internet, si è notata nei forum di discussione una marea di Sfiduciati convinti che l’intero episodio, che pure si è visto bene in televisione, fosse una montatura.

Il sangue? Pomodoro. Il Duomo di pietra? Lo avrebbe appena sfiorato. Qualcuno ha addirittura azzardato che tutta la scena fosse stata manipolata digitalmente. Inoltre, si argomenta, chi è che ha tratto vantaggio politico dall’evento? Berlusconi. Quindi, come l’11 settembre “insegna”, vuol automaticamente dire che si è fatto anche lui l’autoattentato. Ecco, qui vediamo un caso esemplare di Sfiduciati che, anziché limitarsi a chiedere a loro stessi scetticamente se ciò che ci viene mostrato corrisponde al vero (ed in questo caso a rispondersi di sì, perché semplicemente è così) cadono nella trappola di credere per forza al contrario della versione ufficiale, prendendo così una cantonata madornale. Perché ogni tanto – ahimè – qualcosa accade per davvero così come ci viene mostrata. Ma nel suo percorso di emancipazione, lo Sfiduciato è come un bambino che attraversi la sua fase del “no”, ed il suo rifiuto per tutto ciò che giunge dall’autorità è assoluto e indiscriminato. E’ umano che questo fenomeno avvenga, tuttavia – come il bambino infine supera la sua fase del “no” – anche l’adulto Sfiduciato deve liberarsi di questa nuova schiavitù. Perché se prima era uno schiavo asservito a credere a tutto ciò che gli veniva detto, adesso è uno schiavo asservito a credere il contrario di tutto ciò che gli viene detto. Sempre schiavo rimane. Schiavo dell’irrealtà. Per non essere uno schiavo, l’adulto Sfiduciato deve giungere a saper scegliere la visione della realtà più plausibile e probabile, ogni volta, in modo critico e ponderato. E le opinioni preconcette non aiutano in questo processo.

Se il cammino degli Sfiduciati verso una migliore comprensione del mondo è irto di trappole, quello dei Fiduciosi verso una peggiore comprensione del mondo si riempie di vaghi fastidi.

I Fiduciosi non si pongono la domanda del perché in giro ci siano sempre più Sfiduciati. Si chiedono eventualmente invece come mai ci siano sempre più complottisti, ma la curiosità, solo in apparenza intellettuale, è in verità affine a quella che si prova quando ci si chiede perché d’un tratto ci siano così tante mosche che ci ronzano attorno disturbandoci. L’obiettivo non è capire la complessa ecologia delle mosche, bensì come liberarsene.

La BBC ed il Time hanno cercato di spiegare ai propri Fiduciosi lettori perché il mondo intorno a loro si popoli di cotanti complottisti. Par condicio impone che ci si ponga anche la domanda inversa.

L’interrogativo che ogni Sfiduciato fatalmente si rivolge infatti è: come fa così tanta gente a rimanere Fiduciosa? Non c’è una risposta unica. Coloro che assorbono tutte le loro informazioni dalla televisione ed eventualmente dalla lettura di giornali sportivi o di gossip, vivono in un mondo illusorio a perfetta tenuta stagna, un Truman Show di massa a prova di bomba, il Mondo Nuovo profetizzato da Huxley più di mezzo secolo fa. Anche coloro che si spingono un passo più in là e leggono le pagine non sportive dei giornali sono confinati in una versione edulcorata della realtà. Essi sono convinti che i giornali (almeno quelli che leggono loro) siano più o meno liberi di scrivere ciò che vogliono, poiché viviamo in una democrazia anziché una dittatura. E fin qui non si sbagliano. Il loro madornale errore è sulla esatta stima di quel “più o meno”. Ciò che i giornali nascondono loro è di tale portata, che la loro percezione della realtà ne viene catastroficamente distorta (la mistificazione omertosa sui fatti dell’11 settembre ne è un emblematico esempio). Questa fascia di Fiduciosi è solitamente più radicata nelle proprie erronee credenze della fascia più sempliciotta che non legge affatto. La convinzione di essere bene informati agisce con forza contro l’opportunità di scoprire che tale certezza è infondata e c’è una resistenza fortissima ad ammettere che si sono sprecati anni ed anni della propria vita a farsi abbindolare su temi cruciali dai mezzi di informazione in cui si era riposta la propria fiducia. E’ inoltre insopportabilmente umiliante, per chi si pensa intelligente, scoprire di essere invece stato fatto fesso ad oltranza. Chi non ha la forza di inghiottire il rospo, rimane Fiducioso incallito.

La risonanza creativa fra le persone che su Internet collaborano nel tentativo di capire cosa succede al mondo meglio di quanto consentito dai media tradizionali è un fenomeno straordinario, che trova il paio solo con le grandi rivoluzioni culturali del passato. I giornali tradizionali osteggiano questo processo, ma continuando a mentire sui fatti essenziali del mondo perdono costantemente autorevolezza e sempre più lettori Sfiduciati li abbandonano. Le tirature dei giornali sono in forte declino costante in tutto il mondo occidentale. Una parte dei lettori perduti continua a sbirciare le versioni online dei giornali tradizionali. Ma quando è ad essi consentito esprimersi a commento degli articoli, se un giornale fa cadere dall’alto le proprie evidenti fregnacce (soprattutto sul tema della fiction “guerra al terrore”) poi si ritrova l’area dei commenti zeppa delle informazioni che esso ha censurato o distorto. Si giunge così al grottesco sublime: al di là delle apparenze, si inverte il flusso delle informazioni, i lettori comunicano all’articolista cosa si è dimenticato di scrivere. Mai nella storia si era visto qualcosa del genere.

Il mondo di internet ha insomma cambiato in modo radicale il paradigma di circolazione delle informazioni. Molti Fiduciosi stentano ad adattarsi al nuovo paradigma.

Prima di Internet era più facile. C’era poco da pensare. Le informazioni giungevano dalle fonti autorevoli di televisione e carta stampata, e pur essendoci divergenza nelle opinioni espresse, c’era una certa coerenza rispetto ai fatti riportarti. Se c’era una guerra, si diceva che c’era una guerra. O al limite una Missione di Pace, il sinonimo ipocrita che va per la maggiore da quando l’Occidente ha adottato la neolingua di Orwell[1]. Per essere informati, bastava tutto sommato credere a ciò che si sentiva e leggeva.

Da quanto Internet ha però moltiplicato a iosa le fonti, si è scoperto che i fatti sono spesso drammaticamente diversi rispetto a quelli riportati sui media tradizionali. Ma su Internet, non tutte le fonti sono affidabili. Ce ne sono semplicemente troppe, perché possano essere tutte attendibili. Credere a ciò che si vede e si legge non basta più. Tocca pensare. Discernere. Discriminare. A parte il cervello, questo richiede tempo e attenzione. Impegnata nelle faccende della propria vita, molta gente non ne ha abbastanza. E per evitare di sconvolgere le proprie certezze ed abitudini, rimane Fiduciosa nel vecchio sistema. Nel breve termine, è indubbiamente più pratico.

La tendenza a credere alle fonti che si reputano “autorevoli” è un processo vecchio come la natura umana. L’origine di questa nostra caratteristica è complessa, e ci vorrebbe un libro intero per tentare di spiegarla. Ma forse possiamo coglierne l’essenza, esemplificandola. Lo scrittore Giulio Cesare Giacobbe ha riscosso un grande successo di vendita con una serie di libri psicologici di divulgazione. Il problema essenziale della maggior parte delle persone – esemplifica efficacemente Giacobbe – è l’incapacità di svilupparsi in un individuo psicologicamente adulto. Dentro molti di noi sopravvive sotto sotto il bambino (o la bambina) rompicoglioni che pretende che ci sia sempre a disposizione il genitore pronto a risolvere i suoi problemi. Il bambino è irresponsabile per natura (e non per niente lo è anche per legge). Parte di questa irresponsabilità si trascina per tutta la vita, e provoca disastri a non finire. Il disastro che ci interessa in questa sede è quello nella fiducia che ci si ostina a riporre nell’autorità che ha già ripetutamente dimostrato di mentirci. Per quante balle il genitore ci racconti, se siamo bambini la nostra fiducia nei suoi confronti non cala (fino a quando eventualmente essa non crolla, dopodiché interviene una fase di odio nella quale si crede il contrario di quanto il traditore, genitore o telegiornale, ci comunica – il crollo della fiducia quindi serve a poco se si rimane psicologicamente bambini).

Molti Fiduciosi hanno avuto accesso, saltuariamente, alle informazioni alternative disponibili su Internet. Hanno potuto verificare con i loro occhi che gli Autorevoli Giornali e Telegiornali in certe importanti occasioni hanno loro mentito. Ma di norma la loro fiducia non viene meno. Un caso esemplare è la grave crisi economica in atto. Annunciata già da anni dalle cassandre “complottiste” su Internet, ha colto milioni e milioni di persone di sorpresa quando a settembre 2008 è deflagrata in uno dei peggiori crolli dei mercati a memoria d’uomo. Ancora nel mese di luglio 2008 gli “autorevoli” giornali da cui i Fiduciosi brucano le loro razioni di realtà quotidiana suggerivano che a settembre si sarebbe potuta vedere una ripresa dei mercati. Nello stesso momento, su Internet si davano già le date del probabile crollo. Settembre.

Due mesi dopo, puntualmente, i risparmi di milioni e milioni di persone scomparivano nel nulla, per lo stupore dei Fiduciosi. Adesso, poco più di un anno dopo, gli stessi giornali che mentirono allora, ci promettono che “la ripresa si vedrà nel 2010 o 2011”. E cosa fanno i Fiduciosi, già traditi (quindi cornuti) dai loro autorevoli giornali nel 2008? Ci credono, ovviamente. Cornuti e prossimamente di nuovo mazziati. Per quante balle ci racconti un genitore, se si vuole rimanere bambini bisogna continuare a credere alle sue parole. (Paradossalmente, gli si crede anche quando la fiducia tradita si commuta in odio, dato si crede all’esatto contrario di ciò che dice)

Infatti il vero problema, alla resa dei conti, non è il superare la fiducia cieca nelle autorità viste come genitore, bensì diventare psicologicamente adulti così da non avere bisogno di questo surrogato istituzionale dei propri genitori. Mi spiego meglio: come forse saprete, esiste un notevole movimento popolare, negli Stati Uniti, ma anche in altre nazioni occidentali, che chiede a viva voce una nuova investigazione sui fatti dell’11 settembre. Ma a chi si chiede di effettuare questa investigazione? Beh, agli stessi che l’11 settembre lo avrebbero organizzato, naturalmente (non esattamente gli stessi individui, ma il senso è quello). Ma come? Dici che l’11 settembre è stato organizzato dal governo e poi chiedi al governo di investigare? E’ come un bambino che essendo giunto alla conclusione che suo papà gli ha rubato i soldi dal salvadanaio chiede al papà di aprire una commissione d’inchiesta sul furto, per indagare se stesso. Cosa si aspetta di ottenere il bambino? Qualsiasi siano le sue nobili aspettative, la cosa più concreta che riuscirà a ricavarne è un sonoro ceffone. Il potere non investiga se stesso. E se lo fa, lo fa per finta. Chiedergli di farlo è infantile come l’esempio del bambino che rompe le palle al papà ladro. In questo caso vediamo come molti Fiduciosi, divenuti Sfiduciati, rimangano tuttavia psicologicamente bambini (e quindi intrinsecamente Fiduciosi) che chiedono all’autorità cattiva e traditrice di tornare ad essere l’autorità buona ed onesta che essi credevano che fosse – ovvero in altre parole chiedono all’autorità di imparare a mentire meglio, a fingere meglio di essere un’autorità buona (i famigerati processi ai capri espiatori servono ben a questo), così che essi possano tornare in quella innocenza condizione di Fiduciosi dalla quale sono stati estromessi a calci nel culo e della quale hanno una dannata nostalgia. Tutto ciò è piuttosto risibile e patetico. Quando capisci che le cose non stanno come vorresti tu, i casi sono due: o ti dai da fare per esercitare tu il potere che secondo te altri stanno esercitando in modo sbagliato (approccio rivoluzionario), oppure sei pienamente appagato dal solo fatto di capire (approccio filosofico). Mugugnare è infantile, e se anagraficamente non sei più un bambino, ciò è anche patetico.

Come detto, i motivi per cui molte persone rimangono così a lungo Fiduciose sono parecchi. I nostri modelli di realtà si riducono fondamentalmente a narrazioni che noi abbiamo elaborato per noi stessi, e che ci ripetiamo di tanto in tanto secondo necessità. Più tempo ed energie abbiamo investito nella costruzione di una narrazione interiore, meno siamo disposti a buttare via l’investimento a favore di una narrazione alternativa, non importa quanto migliore. E’ anche per questo che più si invecchia, meno si cambiano le proprie idee. L’investimento negli anni nelle proprie narrazioni è semplicemente troppo elevato per poterci rinunciare. Ci si affeziona alle proprie idee come ai propri figli (d’altra parte sono entrambi dei replicatori, i figli replicano i geni, le idee replicano i memi – si legga in proposito Il Gene Egoista di Dawkins).

Molti Fiduciosi camminano in bilico sull’orlo della perdita di fiducia. Ho incontrato parecchi Fiduciosi che, di fronte ad argomenti forti vacillavano, si incupivano, sembravano essersi convinti e si lasciavano sfuggire che se ciò che sostenevo fosse vero essi non avrebbero più potuto (o voluto) vivere in un mondo così disgustoso. Il giorno dopo la loro mente era di nuovo sgombra da dubbi ed essi erano di nuovo confortabilmente arroccati nella placida sicumera dei Fiduciosi.

Ma si può anche decidere intenzionalmente di rimanere Fiduciosi, se si è saggi abbastanza. Negli ultimi anni della sua vita, il grande scrittore americano Robert Sheckley è stato un mio stretto amico. Assieme, abbiamo ripetutamente girato mezza Europa, e discusso di molte cose. A settembre del 2004, mentre stavo scrivendo il mio libro Il Mito dell’11 Settembre, andammo insieme ad un convegno letterario a San Pietroburgo, ed io non resistetti alla tentazione saggiare la sua opinione sui fatti dell’11 settembre. Per ovvi motivi, all’epoca avevo spesso questo tema per la testa. L’opinione di Sheckley a riguardo si rivelò molto convenzionale, il che mi stupì poiché Sheckley disponeva indubbiamente una mente ben poco convenzionale. Dissi solo un paio di frasi nella direzione che ben immaginerete, e poi tutto successe molto rapidamente. Mi guardò con occhi furbi e sorriso sospettoso e divertito. Io azzardai altre due frasi e poi lui mutò espressione e mi interruppe, dicendo: “Non voglio sapere altro. Conosco già questa storia. E’ la solita storia degli uomini e del mondo. E’ sempre la stessa storia. Non importa chi sia stato a fare cosa stavolta, chi abbia ucciso chi e perché. E’ in ogni caso esattamente sempre la stessa storia schifosa, e non mi interessa. Perché se inizio a sapere dei dettagli poi ne voglio conoscere altri e poi va a finire che mi arrabbio, e se mi arrabbio poi mi tocca perdere il mio tempo a pensare a queste porcherie invece che a ciò a cui io voglio pensare, a ciò che mi interessa davvero.”

Non aggiunsi parola. E’ un punto di vista saggio e pienamente rispettabile. Sheckley aveva interesse per altri misteri dell’esistenza ed era sua piena libertà usare la sua mente per pensare a ciò che era per lui interessante pensare. Intuì evidentemente che poche frasi ancora da parte mia e la sua intelligenza gli avrebbe impedito di continuare a non capire di quale illusione fosse vittima. Decise intenzionalmente di rimanere Fiducioso su questo tema, per l’inutilità generale e dannosità personale dell’essere Sfiduciato. Per inciso, Sheckley non ha mai avuto timore di guardare a fondo negli abissi della Realtà e dell’animo umano; per chi non conosce la sua opera (male!) basti dire che negli anni cinquanta, all’alba della televisione, già preconizzò nei suoi racconti l’avvento di reality shows dove i concorrenti sarebbero potuti venire ammazzati o salvati dai telespettatori – si vedano i film tratti dalle sue opere, fra cui La decima Vittima e Le prix du Danger) Un’anno dopo l’episodio citato, all’età di 77 anni, Sheckley morì, ma dopo aver trascorso l’ultimo anno della sua vita a pensare a ciò che voleva lui. Aveva indubbiamente fatto la cosa più saggia.

Una nota speciale la meritano i Fiduciosi che popolano il mondo della letteratura di fantascienza, ed in particolare gli amanti dello scrittore Philip K. Dick. Il concetto di una visione illusoria della realtà che si sfalda e va infine in frantumi, rivelando una realtà retrostante totalmente diversa, è un tema comune nella buona letteratura di fantascienza. Verrebbe da pensare che gente avvezza a questi scenari possa essere più sensibile di altri a riconoscere per tali le quinte della mistificazione quando ne fosse vittima. La mia impressione (frequentando spesso questo ambiente) è che non sia tuttavia così. La quantità dei Fiduciosi non mi pare inferiore a quella in altri segmenti di popolazione. Avere dimestichezza con scenari fantastici di società folli ove vigano regimi di mistificazione totale e sistemica, non basta a riconoscerli quando si verificano per davvero. E’ proprio vero che la mente umana è fatta a strati, spesso divisi come compartimenti stagni. Un’anima cyberpunk cinica e disincantata può convivere nel cervello di una persona avvezza a cartomanti ed altre cialtronerie.

Ora che abbiamo passato in rassegna alcune delle ragioni per cui molti Fiduciosi rimangono fiduciosi, spendiamo due parole anche sul metodo principale che il cervello usa, per conservare le proprie utili illusioni.

Il metodo è un errore sistematico che il cervello umano tende a compiere di fronte ad informazioni destabilizzanti. Si chiama bias di conferma. Il nostro cervello in genere accetta di buon grado tutte le informazioni che confermano le nostre credenze, rigettando invece quelle che le contrastano. Le informazioni sconvenienti entrano letteralmente da un orecchio per uscire dall’altro. Tutti noi ci siamo misurati con questo problema. Quante volte si dice “E’ come parlare a un muro”? Questo spiega perché persone altrimenti intelligenti, poste di fronte ad informazioni inequivocabili su fatti controversi come l’11 settembre, eventi in grado di minare completamente la nostra fiducia nel sistema che ci dispensa le informazioni sul mondo, sono visibilmente incapaci di prenderne atto. Se vogliamo capire il mondo e la realtà, il bias di conferma è il nostro più acerrimo nemico. Sapere che c’è non basta ad eliminarne gli effetti. La nostra mente rifiuta di comprendere ciò che non le piace. E’ per questo che di fronte ad un lutto che ci tocca da vicino rimaniamo a lungo increduli. Ed è per questo che i bambini chiudono gli occhi quando si spaventano, nella credenza che non vedere il pericolo basti ad annullarlo.

Uno dei metodi logici classici per distinguere una spiegazione corretta delle cose da una sbagliata, è usare il cosiddetto Rasoio di Occam, coniato da William of Ockham già nel 14esimo secolo. “A parità di fattori la spiegazione più semplice tende ad essere quella esatta”.

Il Rasoio di Occam è alla base del pensiero scientifico moderno, eppure viene violato sempre più spesso nelle spiegazioni che ci vengono date dalle autorità su alcuni problemi topici di portata globale.

Sui fatti dell’11 settembre, ad esempio, la versione ufficiale impone di credere che una quantità straordinaria di cose improbabilissime siano tutte accadute in sequenza, in spregio a ogni legge delle probabilità. Potremmo elencarle tutte e riempire pagine e pagine su questo tema, e per inciso io l’ho fatto nelle oltre 500 pagine del mio libro Il Mito dell’11 Settembre, ma in questa sede ci limiteremo ad un esempio singolo, che illustrerò dopo una breve premessa.

La natura di solito non ama le eccezioni ed è per questo che la scienza ha scoperto le leggi di causa ed effetto. Generalmente la natura ha un comportamento regolare, ed effetti simili implicano di solito cause simili. Per questo gli scienziati non amano fare ricorso a cause senza precedenti per spiegare fenomeni comuni. Sino all’11 Settembre 2001, il crollo rapido, simmetrico e totale di grattacieli con scheletro di acciaio è stato un fenomeno abbastanza comune in America. E tutte le volte che ciò accadeva, senza eccezione alcuna, la causa era una demolizione controllata a mezzo di cariche esplosive sincronizzate. Da una prospettiva scientifica, quindi, ligia al principio del Rasoio di Occam, la prima e più semplice spiegazione ovvia per spiegare i crolli rapidi, simmetrici e totali delle tre torri del World Trade Center l’11 settembre 2001, è quella di ipotizzare una demolizione controllata. E’ la spiegazione più semplice, quindi in sintonia con la logica del rasoio di Occam. Quindi la prima ipotesi da verificare. Ufficialmente, non è mai neppure stata presa in considerazione. Per spiegare i motivi del crollo delle due torri si è invece redatto uno studio di migliaia e migliaia di pagine, che tentano di spiegare in modo evidentemente complicatissimo ciò che la tesi della demolizione controllata spiega in modo elementare, e per di più nella relazione finale si rinuncia completamente a dare una spiegazione alla dinamica del crollo (che, quod erat demonstrandum, non è spiegabile altro che con tesi della demolizione controllata), bollandola laconicamente (e grottescamente) come “inevitabile”[2].

Insomma: da tutte le parti la guardi, sembra una demolizione controllata. Ha la dinamica di una demolizione controllata, ha la tempistica di una demolizione controllata, ha l’apparenza estetica di una demolizione controllata. Domandina: Sarà mica una demolizione controllata? No, no, giurano gli “scienziati” governativi, le apparenze ingannano, ma non sappiamo dirvi bene perché, anzi, no, le apparenze ingannano ma non c’è un perché, e quindi per questo non ve lo spieghiamo, perché il perché non c’è proprio, la dinamica del crollo è stata quella che è stata perché l’evento era inevitabile. Inevitabile per verità rivelata.

Sì, sì, anzi, no, no, si uniscono al coro giaculatorio i Fiduciosi a schiera, impettiti nella loro trance ipnotica tribale, la realtà è fuor di dubbio quello che ci rivelano che sia, qualsiasi cosa ci venga rivelato.

Il vecchio trucco della verità rivelata funziona sempre. Chi osa azzardare che la religione sia in crisi?

Nota bene: ho discusso con Fiduciosi che, conoscendo il principio del Rasoio di Occam, sono riusciti a deformarne lo spirito pur di farlo collimare con le loro convinzioni. Ma non è stato inutile. Da tutto ciò ho capito qualcosa di importante io. Discuterne, non serve a nulla. Chi può e vuole, capisce, chi non può o non vuole sarà sempre cieco e sordo ad ogni logica che violi le sue convinzioni (tranne poi un bel giorno cambiare di colpo idea, e venirti ancora a dire: l’avevo capito subito, io – è l’errore del giudizio retrospettivo, in gergo tecnico hindsight bias, l’erronea convinzione di avere sempre saputo ciò che in realtà si è appena capito)

La logica del Rasoio di Occam si presta bene a capire come sono andate le cose sia nel grande attentato dell’11 settembre, che nel piccolo attentato a Berlusconi.

Riguardo al mega attentato dell’11 settembre 2001, l’ipotesi del complotto di Al Qaeda sostenuta dal governo americano, per essere vera richiede che quel giorno si sia verificata una mostruosa sequenza di eventi mai accaduti prima, ognuno talmente improbabile da essere virtualmente impossibile. In pratica, è come vincere al superenalotto varie volte di fila. Le complicazioni probabilistiche sono insormontabili (chi ha dei dubbi si legga il mio libro a riguardo). Per contro, l’ipotesi che l’attentato sia stato orchestrato da una parte “canaglia” dell’apparato di potere americano, per quanto indubbiamente complessa, è infinitamente più semplice e priva di autentiche impossibilità. Ed è avallata inoltre da molti precedenti storici – la storia del mondo ci insegna che per giustificare l’inizio di nuove guerre non c’è nulla di meglio che fingere di essere stati attaccati (per non menzionare il fatto che chi non conosce la storia è condannato a ripeterla). Quindi è l’opzione più logica, secondo il Rasoio di Occam.

“A parità di fattori la spiegazione più semplice tende ad essere quella esatta”.

Riguardo al mini attentato a Berlusconi il 13 dicembre 2009, è invece l’ipotesi che sia tutta una montatura a richiedere le spiegazioni più complicate. Non c’è un vero indizio a riguardo (quelli menzionati in rete sono davvero risibili). Per contro, la tesi che sia stato il gesto di un cretino, andata a buon fine a causa di una disattenzione del servizio d’ordine, è semplice e ovvia. Inutile arrampicarsi su inesistenti specchi.

“A parità di fattori la spiegazione più semplice tende ad essere quella esatta”.

Tenete ben sempre presente il Rasoio di Occam e limiterete gli abbagli in questa strana epoca in cui ci ritroviamo a vivere, che pare in effetti uscita dalla paranoica penna di Philip K. Dick.

Infine, c’è ancora una categoria di persone di cui non abbiamo parlato. Coloro che sono Fiduciosi, ma in cattiva fede. Questa categoria comprende molti politici, giornalisti e persone con ruoli critici all’interno del sistema. I politici che segretamente sono cinici e Sfiduciati, sono costretti dalle circostanza a presentarsi Fiduciosi. Con una crisi economica e sistemica alle porte, di portata quale non si è mai vista, nessun politico (per lo meno dalle nostre parti) ha la bacchetta magica per fare scomparire il problema. Mentire, sfoggiando ottimismo, per procrastinare la catastrofe, è per certi versi la scelta migliore. E’ vero che così facendo si finisce spesso per gonfiare ulteriormente bolle che poi deflagreranno in catastrofi ancora peggiori, ma per lo meno questo succederà più tardi, e per il momento intanto si sopravvive. E’ facile dire che i politici potrebbero risolvere il problema arrestando tutti i banchieri e rifondando da zero il sistema monetario su basi più realistiche.

E’ proprio facile dirlo. Ma provate a farlo! E come la mettiamo con la inevitabile contemporanea scomparsa di tutti i risparmi di tutte le persone? Che conseguenze pratiche avrebbe un evento del genere? Parlare è facile, ma agire è tutt’altra cosa. Un conto sono le fantasie, un conto è la realtà.

I politici in effetti devono mentire ogni volta che lo reputano necessario, in ultima analisi non è colpa loro, ma di chi vuole credere alle loro menzogne. Per quanto possa essere sgradevole farlo notare, le bugie vengono imposte da chi preferisce venire illuso, rispetto a dover fronteggiare una verità non gradita. I cittadini-bambini, mai cresciuti sino allo stadio adulto di chi è in grado di guardare nell’angosciante baratro della complessa realtà delle cose senza svenire o cagarsi sotto, hanno bisogno di venire illusi costantemente circa la natura del mondo in cui vivono. La prova è che sono i cittadini a selezionare i propri politici, eleggendoli, ed è quindi esclusivamente loro responsabilità il fatto di optare per individui che sistematicamente li ingannano. Prima li votano perché vogliono credere alle loro palesi menzogne, poi li accusano di avere fatto ciò per cui li hanno scelti: mentire. E poi li ri-votano ri-credendo alle loro sempre più palesi menzogne. Come bambini che fanno i capricci coi genitori, dei quali però, essendo bambini, non possono fare a meno. Dimentichi del fatto che i politici (come gran parte degli esseri umani, del resto) mentono per lo meno da alcune migliaia di anni, e che è quindi fanciullesco credere che debbano smettere proprio adesso, per fare un piacere a noi. In ogni nazione i politici mentono nella misura tollerata/richiesta dal loro popolo. I politici bugiardi sono in prima istanza il sintomo dell’immaturità di un popolo, non la causa delle sue disgrazie (Il nord Europa funziona meglio dei paesi mediterranei perché i politici sono mediamente meno bugiardi e disonesti, ma questo avviene perché i popoli che li eleggono sono molto meno indulgenti verso le bugie e le malefatte dei governanti – ciò finisce per selezionare una classe di politici più onesti, o per lo meno disonesti e in modo più invisibile – ogni tanto però, come l’Islanda insegna, le cose vanno a puttane anche lassù).

L’altra grande categoria nella quale troviamo molti Fiduciosi in cattiva fede sono i giornalisti. Parlo di quelli dei grandi media, con elevati stipendi e privilegi. Questi giornalisti spesso mentono a causa del loro personale conflitto di interesse: per deontologia professionale dovrebbero raccontare la verità, ma il loro interesse personale è conservare posto di lavoro, stipendio e privilegi, e quindi eviteranno accuratamente di scrivere qualsiasi cosa che possa fare loro perderli. Non sono quindi credibili per una questione di principio. Per diventarlo essi dovrebbero decidere di lavorare senza stipendio. Vi sono tuttavia anche molti giornalisti autenticamente Fiduciosi, che veramente credono alle balle che raccontano. Anche i giornalisti sono umani, ed il bias di conferma funziona anche per loro. Come disse il saggio:

«E’ difficile far capire qualcosa ad una persona, quando il suo stipendio dipende dal fatto di non capirla.»

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O una pizza.

O una bella cena.

O una escort. (Ormai una tradizione istituzionale, nonché valuta di scambio di favori, esente IVA e non tassabile. Ovviamente, verrà devoluta in beneficenza ai veramente bisognosi. Per mere ragioni contabili non si accettano pagamenti in Trans, nel caso cercate in rete i tassi di cambio più aggiornati)

Inoltre, se questo articolo vi ha fatto capire qualcosa, ditelo ai vostri amici. Che lo leggano anche loro. Così la prossima volta che discutete con loro sui bei fatti del mondo, eviterete i soliti litigi. Il che eventualmente condurrà a litigi insoliti, ma non si può avere tutto a questo mondo. Soprattutto, se non siete un iperbanchiere.

Roberto Quaglia

Originariamente pubblicato su www.Roberto.info
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[1] La neolingua fu un’intuizione geniale di Orwell nel suo famoso libro 1984. Essa consiste nel surreale atto di assegnare ad una parola anche il proprio significato opposto, secondo il motto che chi controlla il significato delle parole, controlla la realtà. La distopia orwelliana doveva illustrare la società orribile in cui sarebbe sfociato il comunismo. Ma il comunismo non è durato abbastanza, e così l’incubo orwelliano, passo dopo passo, sta invece convolando a nozze con la società “democratica”. La cerimonia (che qualcuno ipotizza esserci già stata con la ratifica del trattato di Lisbona) prelude ad un unione di gruppo fra nazioni in cui il divorzio pare non sia esattamente consentito; i maligni insinuano che l’ammucchiata politica condurrà inevitabilmente ad orge sistemiche, nelle quali tuttavia non sarà concessa ai liberi partecipanti coatti la scelta del ruolo da interpretare.
[2] NIST final report (2005). NCSTAR 1, p. xxxvii

Al Qaeda: qualche dubbio!

Dal discorso di Obama all'accettazione del Nobel per la Pace

Parola di premio nobel per la pace:

"Dobbiamo partire della consapevolezza di una verità difficile da mandare giù: non riusciremo a sradicare il conflitto violento nel corso della nostra vita. Ci saranno occasioni in cui le nazioni, agendo individualmente o collettivamente, troveranno non solo necessario, ma moralmente giustificato l'uso della forza.

...

Ma in quanto capo di Stato che ha giurato di proteggere e difendere la mia nazione non posso lasciarmi guidare solo dai loro esempi. (Ghandi e King) Devo affrontare il mondo così com'è e non posso rimanere inerte di fronte alle minacce contro il popolo americano. Perché una cosa dev'essere chiara: il male nel mondo esiste. Un movimento nonviolento non avrebbe potuto fermare le armate di Hitler. I negoziati non potrebbero convincere i leader di al Qaeda a deporre le armi. Dire che a volte la forza è necessaria non è un'invocazione al cinismo, è un riconoscere la storia, le imperfezioni dell'uomo e i limiti della ragione.

...

gli Stati Uniti d'America hanno contribuito per più di sessant'anni a proteggere la sicurezza globale, con il sangue dei nostri cittadini e la forza delle nostre armi. Lo spirito di servizio e di sacrificio dei nostri uomini e donne in uniforme ha promosso la pace e la prosperità... Abbiamo sopportato questo fardello non perché cerchiamo di imporre la nostra volontà. Lo abbiamo fatto per interesse illuminato, perché cerchiamo un futuro migliore per i nostri figli e nipoti, e siamo convinti che la loro vita sarà migliore se altri figli e nipoti potranno vivere in libertà e prosperità.

...

La nostra sfida dunque consiste in parte nel riconciliare queste due verità apparentemente inconciliabili. La guerra a volte è necessaria e la guerra è, a un certo livello, espressione di sentimenti umani.

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Il mondo si è stretto intorno all'America dopo gli attacchi dell'11 settembre e continua a sostenere i nostri sforzi in Afghanistan in virtù dell'orrore suscitato da quegli attacchi insensati e del principio riconosciuto dell'autodifesa.

...

questo diventa particolarmente importante quando lo scopo dell'azione militare va al di là dell'autodifesa o della difesa di una nazione da un aggressore.

...

Io sono convinto che l'uso della forza possa essere giustificato per ragioni umanitarie.

...

L'impegno dell'America nei confronti della sicurezza del mondo non verrà mai meno. Ma in un mondo dove le minacce sono più diffuse, e le missioni più complesse, l'America non può agire da sola. Questo vale per l'Afghanistan. Questo vale per Stati allo sbando come la Somalia, dove il terrorismo e la pirateria si accompagnano a fame e sofferenze. E purtroppo continuerà a valere ancora per anni a venire nelle regioni instabili.


Voglio dire un'ultima cosa sull'uso della forza. Anche quando prendiamo la difficile decisione di cominciare una guerra, dobbiamo pensare chiaramente a come questa guerra va combattuta.


Laddove è necessario usare la forza, abbiamo un interesse morale e strategico ad attenerci a determinate regole di comportamento.

...

Ho parlato degli interrogativi che dobbiamo tenere presenti nel cuore e nella mente quando scegliamo di muovere guerra.

...

Da qualche parte oggi, qui e adesso, un soldato vede che il nemico ha più potenza di fuoco, ma tiene la posizione per conservare la pace."


a questo link potete trovare il discorso completo:

http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/obama-presidenza-13/discorso-traduzione/discorso-traduzione.html

domenica 27 dicembre 2009

Fall of the republic

E' il nuovo documentario di alex jones sulla crisi e su obama, se non vi interessa la parte di economia saltate al video 7